ANO 2015 N.º 2

ISSN 2182-9845

Diritto alla riservatezza e danno non patrimoniale nella recente giurisprudenza della Suprema Corte italiana

Angelo Viglianisi Ferraro

Palavras-chave

Diritto alla privacy; Lesione di diritti fondamentali dell’uomo; Danni non patrimoniali; Gravità della lesione; Serietà del danno subìto
 

Resumo

Quattro importanti sentenze delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione italiana hanno fornito, l'11 Novembre 2008,  una nuova e singolare interpretazione dell'art. 2059 del codice civile italiano (riguardante il "danno non patrimoniale"), dettando princìpi che dovranno essere applicati da tutti giudici in Italia.

Secondo la Suprema Corte, il risarcimento del pregiudizio non patrimoniale richiede il previo accertamento degli elementi dell'illecito civile (condotta, danno, nesso eziologico) e, nei casi in cui non sia la legge a prevedere espressamente la sua riparazione, il ristoro può essere accordato al danneggiato solo in presenza di una lesione grave di diritti costituzionalmente garantiti e se il danno risulti serio.

La Terza Sezione Civile della Corte ha deciso alcuni mesi fa di applicare le stesse regole in materia di privacy (nonostante in questi casi vi sia una specifica previsione legislativa circa la risarcibilità dei danni non patrimoniali).

La scelta non può essere condivisa.

I "filtri" introdotti dalla Suprema Corte sembrano essere più appropriati per la valutazione del "quantum" che dell'"an" debeatur.

La recente interpretazione dell'articolo 2059 e di molte norme elaborate per tutelare importanti diritti della persona (come quello alla privacy) continuano a porre l'ordinamento giuridico italiano lontano dai modelli e dalle linee-guida seguiti in Europa.

Sumário

1. Premessa. La sentenza della Corte di Cassazione n. 16133 del 15 luglio 2014. Una decisione condivisibile quanto alla soluzione cui perviene, ma non per le argomentazioni utilizzate. 
2. Il fatto ed i profili apprezzabili della pronuncia.
3. I punti discutibili della sentenza. Il non corretto utilizzo dei “filtri” (già di per sé controversi) introdotti dalle Sezioni Unite nel 2008.
3.1. Bilanciamento tra diritti o tra diritti e princìpi (non attuati dal legislatore)?
3.2. L’inappropriato rinvio alla regola “de minimis”, adottata apertis verbis da una serie di disposizioni del diritto internazionale ed europeo.
4. Conclusioni. La possibilità di limitare il proliferare di richieste risarcitorie prive di fondamento, senza riscrivere in via pretoria l’art. 2059 c.c. 
Bibliografia
Jurisprudência